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Il figlio di Stalin

Chi è l’uomo qui catturato dei nazisti? Potrebbe sembrare un prigioniero comune, forse un ebreo, forse un prigioniero di guerra, eppure è tutto fuorchè un normale prigioniero. Quest’uomo infatti è Jakov Josifovič Džugašvili, il primogenito di Stalin. Pochi probabilmente sono a conoscenza della sua esistenza e del suo triste destino.
I rapporti di Jakov con il padre non furono mai buoni. Dopo l’ennesima lite, esasperato dell’atteggiamento dispotico di Stalin, tentò il suicidio con un colpo di pistola alla testa riportando solo qualche ferita. Tutto quello che Stalin disse riguardo l’estremo gesto del figlio fu: “è incapace persino di sparare diritto”.


Durante la Seconda guerra mondiale combatté nell’Armata Rossa con il grado di tenente d’artiglieria. Fu catturato dalla Wehrmacht nel 1941. I tedeschi pensarono di scambiare l’illustre prigioniero con il feldmaresciallo Friedrich Paulus, caduto in mano sovietica dopo la battaglia di Stalingrado, ma alla proposta Stalin rispose: “non scambio un soldato con un generale” e “io non ho un figlio”. Secondo la politica di Stalin infatti, ogni russo catturato dai nemici diventava automaticamente una spia o un collaboratore e per questo era da perseguitare, condannare a morte o all’internamento nei gualg o lasciato a morire in mani nemiche (molti soldati riuscirono a fuggire dalle prigioni tedesche e ritornare in patria credendo erroneamente di ricevere un’accoglienza da eroi). Jakov non costituiva nessuna eccezione alla regola.
Le circostanze della morte di Jakov Džugašvili nel campo di concentramento di Sachsenhausen non sono mai state del tutto chiarite. I tedeschi dichiararono ufficialmente che morì il 14 aprile 1943 gettandosi contro la recinzione elettrificata del campo. Alla notizia del suicidio del figlio, Stalin dichiarò: “finalmente si è comportato da uomo”.

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